Enrico Betti/2023 Bicentenario della nascita

La Vita

Battaglia di Curtatone e Montanara

Nella primavera del 1848, Betti si arruola come volontario nel battaglione universitario, guidato da Fabrizio Ottaviano Mossotti, prendendo parte alla battaglia di Curtatone e Montanara (29 Maggio 1848) nel corso della Prima Guerra di Indipendenza.

Così Betti racconta il fervore e l’impegno di quel giorno all’amico Niccolò Sozzifanti (poi vescovo di Pistoia e Prato), descrivendo l’episodio del ferimento dell’amico Giuseppe Montanelli:

“Caro Niccolò gran giornata fu quella del 29. Per tutta la vita rimarranno le tracce nell'anima mia delle profonde impressioni che ebbi a ricevere. Ti dirò solo che Montanelli (non so se debba chiamarlo angiolo o eroe, ma piuttosto l'uno e l'altro insieme) fu ferito dove ero io, che mi trovai tra i bravi bersaglieri del Malenchini... Lo vidi strascinar via con una ferita che dall'omero sinistro usciva di sotto il braccio destro, pallido in viso, e che voleva pur seguitare a combattere e che respingeva e mandava a combattere chi lo aiutava o voleva aiutarlo. Lo portarono in una casa Malenchini e Morandini, ma dovettero lasciarlo perché non volle di loro assistenza, mentre vi era bisogno là dove il nemico ci premeva a sinistra dalla parte del lago... Ti potrei dire tante e tante cose di quella giornata e di tutta la nostra campagna ma forse te le potrò dir presto a voce...”

A causa della sua forte miopia, “per non sprecare cartucce” nel corso dei combattimenti, Betti si limita (così riferiscono alcune testimonianze) a ricaricare le armi dei suoi commilitoni.

Gli anni 1851-1857

Al ritorno in Toscana, comincia per Enrico un lungo periodo di ricerca in relativo isolamento scientifico che si accompagna all'attività di insegnamento prima a Pistoia, nello stesso Liceo dove si è formato, e poi a Firenze. Soltanto nel 1857 è chiamato all'Università di Pisa a ricoprire a cattedra di Algebra per poi passare a quella di Analisi e di Geometria. Alla morte di Mossotti, assume la cattedra di Fisica Matematica e poi di Meccanica Celeste.

Alcune lettere delle corrispondenze con Luigi Pacinotti e Ottaviano Mossotti, che di Betti sono stati professori all'Università, raccontano delle difficoltà e dei ritardi che precedettero il collocamento di Betti a Pisa.

“Ho tenuto discorso di te anche al Professor Mossotti, ed egli che al pari di me desidera il tuo avanzamento in qualche Cattedra dell'Università perché lo richiede il tuo merito, non conosce adesso che vi sia occasione alcuna.”

Luigi Pacinotti a Betti, 9 Luglio 1852, Centro Archivistico SNS

“Stimatissimo Sig.e Professore,

Avrà veduto nel Monitore il Decreto che istituisce il Liceo in Firenze, e nella Sezione superiore del medesimo due Cattedre, una d'Algebra Superiore l'altra di Trigonometria e Geometria Analitica coll'annuo appuntamento di Scudi duecentosessanta. lo, vedendo che tarda ancora la vacanza di qualche Cattedra a Pisa, e nojato molto come sa dell'isolamento scientifico in cui mi trovo in Pistoia, ho pensato che sarebbe meglio aspettare una vacanza di Pisa a Firenze che a Pistoia, e che forse l'essere in una Cattedra più elevata gioverebbe al conseguimento di una dell'Università, Perciò son venuto a Firenze per informarmi della probabilità di ottenere una di quelle due cattedre e ho trovato che pare non vi siano concorrenti formidabili; però il Segretario mi ha detto che era necessario di far subito una dimanda, perché i posti saranno dati prestissimo, e tardando non sarei stato più a tempo; laonde sono stato costretto a decidermi avanti di avere un suo consiglio, lo che mi è veramente dispiaciuto, Ho fatto la dimanda; ora sarebbe per me molto dannoso il non ottener nulla; però la prego, quando le si presenti l'occasione a giovarmi nel modo che crede più acconcio.”

Lettera di Betti a Mossotti, 10 Ottobre 1853, Biblioteca Universitaria di Pisa.

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Gli Anni Giovanili

Biografia in breve (a cura di Giampaolo Perugi)

Enrico Betti nacque a Pistoia il 21 ottobre 1823 alle ore 9 antimeridiane nella casa posta al n. 1115 sul lato interno del Corso (l’attuale Corso Gramsci, già Corso Vittorio Emanuele), nella parrocchia di S. Giovanni Fuorcivitas. I genitori erano Matteo Betti, originario di Tobbiana, del fu Giovanni e della fu Celeste Degli Innocenti, e Francesca Dei, del fu Raffaello e della fu Umiltà Fabbroni. Venne battezzato alle ore 12 meridiane col nome di Enrico Francesco Romolo, dal sacerdote Antonio Bizzarri, cappellano della Cattedrale, con compare il nobiluomo Jacopo Gatteschi.

Già erano nate le due sorelle Laura e Luisa più grandi di lui rispettivamente di 4 e 2 anni e mezzo. Il padre Matteo morì quando Enrico non aveva ancora otto anni.

Rimase dunque nella casa natale affidato alle cure della madre, «austera, saggia e virtuosa», la quale col meschino reddito di due casupole poste alle Gore Lunghe in Pistoia (tra via Palestro e via Filippo Pacini), e col suo lavoro attese alla educazione dei figli. Visse insieme alle sorelle che lavoravano come ricamatrici di biancheria. Luisa morì ancora nubile all’età di 25 anni il 7 settembre 1847. L’altra sorella, Laura, andò sposa a Leopoldo Poggeschi, da cui ebbe intorno al 1850 un figlio chiamato Adriano Euclide che sarebbe poi stato il secondo marito di Bice Bicchierai divenuta vedova dopo la morte di Giacinto Pacinotti, suo primo marito.

La madre, alla quale era legatissimo, morì alla fine del ‘56.

A Pistoia, compì gli studi al Liceo Forteguerri negli anni 1838-1842. Ottenne un posto gratuito, di quelli detti “di Sapienza”, all’Università di Pisa, dove nel 1846 conseguì la laurea in matematica. Segnalatosi già per alcune osservazioni nel campo della geometria analitica fu dai professori incitato a coltivare la scienza e a darsi all’insegnamento piuttosto che ad applicazioni professionali. Gli venne confermato il posto gratuito in Sapienza e venne aggregato alla cattedra di Geometria, con la possibilità di mantenersi anche dando lezioni private.

Nominato assistente nella università di Pisa, nel 1848 prese parte come caporale del battaglione universitario toscano comandato dal professore Ottaviano Fabrizio Mossotti alla battaglia di Curtatone e Montanara. Fu una battaglia vera: gli italiani vi ebbero 166 morti, 518 feriti, 1178 prigionieri, in totale circa un terzo delle forze impiegate. Il battaglione universitario, inizialmente tenuto di riserva, nel pomeriggio, quando le sorti della battaglia volsero al peggio, venne impegnato in prima linea ed ebbe 16 morti, 20 feriti e 19 prigionieri su un totale di 283 effettivi, ossia circa un quinto del totale.

 Forse questo impegno risorgimentale lo rese un po’ sospetto alle autorità e gli costò qualche ritardo nella carriera universitaria. Non pregiudicò del tutto, tuttavia, la sua carriera di insegnante. Betti, infatti, il 12 giugno 1849 fu nominato supplente al Liceo Forteguerri di Pistoia sulla cattedra di matematica, in sostituzione del prof. Paolo Corsini, allontanato dall’insegnamento per ragioni politiche. Il posto d’insegnante di matematiche nel Liceo di Pistoia venne retribuito dapprima col “meschino” stipendio di lire 756 all’anno poi portato a 1008 nell’anno successivo quando a seguito di concorso fu nominato titolare.

Era questo uno dei sette licei istituiti dalla legge toscana del 1852 e tale fu poi confermato dalla legge del governo provvisorio toscano del 10 marzo 1860, perché, come scrisse Augusto Conti, sarebbe stato un peccato voler ridurre «l’illustre Liceo Forteguerri […] ad un meschino ginnasio».

 Tuttavia, dalla corrispondenza con Mossotti risulta che Betti era amareggiato per la sistemazione ed aspirava ad un posto migliore e soprattutto ad una destinazione che lo allontanasse dalla solitudine intellettuale pistoiese. Fu in questi primi anni Cinquanta che sviluppò alcune idee accennate nei frammenti lasciati da Galois e da Abel sulla risolvibilità delle equazioni ed entrò in rapporto con alcuni dei maggiori matematici italiani dell’epoca, come Libri, Tardy, Novi, Tortolini, al quale comunicava il 15 maggio 1851: «Ora sto scrivendo una memoria: “Sulla risoluzione delle equazioni algebriche”». Era questo nel decennio 1850-1860 un tema di ricerca che impegnava studiosi del calibro di Hermite, Kronecker, Brioschi.

L’8 febbraio 1854, grazie alle raccomandazioni di Mossotti e su sollecitazioni di Giovanni Novi, Betti ottenne il trasferimento al prestigioso Liceo Dante di Firenze per insegnarvi Algebra superiore. A Firenze accettò anche l’incarico di supplente di geometria analitica e il doppio stipendio, insieme ai proventi delle lezioni private, lo mise in una situazione di sicurezza economica che gli permise di acquistare volumi e di abbonarsi a riviste anche straniere.

Betti comunque aspirava all’insegnamento universitario e nel 1857, in virtù dei lavori di algebra che avevano cominciato ad assicurargli una certa notorietà, fu chiamato sulla cattedra di Algebra superiore a Pisa in sostituzione del defunto prof. Doveri, che era stato suo insegnante. Iniziò così la sua carriera universitaria a Pisa: nel 1859 fu chiamato alla cattedra di Analisi e Geometria superiore, dal 1863, dopo la morte di Mossotti, lo sostituì al corso di Fisica matematica che conservò fino alla morte, dal 1870 lasciò la cattedra di Analisi e Geometria superiore per quella di Meccanica celeste.

A Pisa Betti risiedé e svolse quasi tutta la sua attività. Rimase però in contatto con Pistoia e con l’ambiente pistoiese come testimonia la sua corrispondenza con Francesco Bartolini e sua moglie Louisa Grace, Bindi, Bozzi, Contrucci, Francesco Magni, Angelico Marini, soprattutto la famiglia di Luigi Pacinotti nella cui villa di Caloria, nei pressi di Pistoia, spesso nei primi anni veniva a trascorrere una parte dei mesi estivi. Un ulteriore legame di Betti con il circondario pistoiese era dovuto alla affettuosa amicizia con il matematico Placido Tardy e con sua moglie, parente dell’imprenditore Bartolomeo Cini nella cui villa di San Marcello sulla montagna pistoiese fu ripetutamente invitato a trascorrere qualche giorno di vacanza.

La morte lo colse nella sua piccola villa di Soiana, sulle colline pisane, dove da decenni era solito trascorrere, in compagnia del nipote i periodi di riposo, al mattino dell'11 agosto 1892, dopo una lunga malattia che per più di un anno e mezzo lo aveva tenuto lontano dall’insegnamento.

DALLA CORRISPONDENZA

Alcune lettere delle corrispondenze con Luigi Pacinotti e Ottaviano Mossotti, che di Betti sono stati professori all'Università, raccontano delle difficoltà e dei ritardi che precedettero

il collocamento di Betti a Pisa.

"Ho tenuto discorso di te anche al Professor Mossotti, ed egli che al pari di me desidera il tuo avanzamento in qualche Cattedra dell'Università perché lo richiede il tuo merito, non conosce adesso che vi sia occasione alcuna."

Luigi Pacinotti a Betti, 9 Luglio 1852, Centro Archivistico SNS

"Stimatissimo Sig.e Professore,

Avrà veduto nel Monitore il Decreto che istituisce il Liceo in Firenze, e nella Sezione superiore del medesimo due Cattedre, una d'Algebra Superiore l'altra di Trigonometria e Geometria Analitica coll'annuo appuntamento di Scudi duecentosessanta. lo, vedendo che tarda ancora la vacanza di qualche Cattedra a Pisa, e nojato molto come sa dell'isolamento scientifico in cui mi trovo in Pistoia, ho pensato che sarebbe meglio aspettare una vacanza di Pisa a Firenze che a Pistoia, e che forse l'essere in una Cattedra più elevata gioverebbe al conseguimento di una dell'Università, Perciò son venuto a Firenze per informarmi della probabilità di ottenere una di quelle due cattedre e ho trovato che pare non vi siano concorrenti formidabili; però il Segretario mi ha detto che era necessario di far subito una dimanda, perché i posti saranno dati prestissimo, e tardando non sarei stato più a tempo; laonde sono stato costretto a decidermi avanti di avere un suo consiglio, lo che mi è veramente dispiaciuto, Ho fatto la dimanda; ora sarebbe per me molto dannoso il non ottener nulla; però la prego, quando le si presenti l'occasione a giovarmi nel modo che crede più acconcio."

Lettera di Betti a Mossotti, 10 Ottobre 1853, Biblioteca Universitaria di Pisa.

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Amico carissimo

Riemann, che era affetto da tubercolosi, trascorre in Italia molti mesi fra il 1862 e il 1866 con la speranza che la mitezza del clima possa migliorare la sua salute. Richard Dedekind nella breve biografia (1876) su Riemann così descrive il soggiorno italiano dell’amico:

“Nel complesso, gli anni trascorsi in Italia, nonostante il triste modo in cui si sono conclusi, hanno rappresentato il momento clou della sua vita, non solo per il piacere infinito che gli ha regalato questa incantevole terra con le sue bellezze naturali e i suoi tesori artistici, ma anche perché era qui che si sentiva libero. Era libero dalle meschine restrizioni nei suoi rapporti con altre persone che pensava di dover osservare ad ogni passo a Gottinga. L’effetto benefico del clima sulla sua salute faceva sì che fosse spesso piuttosto allegro e potesse avere molti giorni felici.”

Una straordinaria testimonianza dell’intima amicizia tra Riemann e Betti, che si rinsalda proprio negli anni che Riemann trascorre a Pisa, è offerta dalla seguente lettera (datata 2 marzo 1864) nella quale Riemann offre a Betti i suoi “stivali di pelliccia” per affrontare un viaggio a Torino, dove Betti si deve recare per assolvere ai suoi impegni di deputato.

“Amico carissimo!

Mi avete detto ieri sera chè [sic!] non ostante il vostro male di piede vogliate andare a Torino, e poiché il freddo vi potrebbe essere dannoso, mi è venuto in testa di offrirvi per questo viaggio i miei stivali di pelliccia. Li ho trovat[i] molto comodi in viaggio perché si può camminare con essi senza verun disagio. Mi permetto di mandarveli affinché possiate provarli e mi fareste gran piacere facendone uso. Si mettono sopra gli stivaletti. Nel caso chè non siate in casa o chè non possiate provarli subito la nostra donna li lascerà in casa vostra e verrà a riprenderli all’occasione.

Resto con augurarvi con tutto l’animo perfetta salute e un buon viaggio [...]” (Centro Archivistico SNS)

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L’impegno per la Didattica

Dando il via alle pubblicazioni del primo fascicolo degli Annali della Scuola Normale Superiore, Classe di Scienze, Betti pubblica sulla stessa rivista un’interessante riflessione sul ruolo culturale e civile che la Scuola Normale ha assunto, in particolare nel campo della formazione di una nuova classe di insegnanti.

Ecco un passo dell’introduzione a “Notizie Storiche sulla R. Scuola Normale Superiore di Pisa”, Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa, Classe di Scienze, Serie 1°, tomo 1 (1871), p. I-XLVIII:

“Fu già con ragione osservato dal Cousin, come uno de’ più grandi meriti del secol nostro sia lo aver posto in cima dei suoi pensieri, e fra le più ardue e importanti questioni, l’ordinamento e perfezionamento della istruzione secondaria. Nei secoli passati essa era come posta fuori del moto sociale e scientifico, e quasi soltanto ordinata ad un ufficio pedagogico di poca importanza. Oggi essa attrae a sé le cure degli uomini di scienza e di stato, i quali tutti egualmente riconoscono quanto importi sciogliere il problema del suo migliore ordinamento. Egli è perché da tutti si ha la persuasione, che soltanto col miglioramento e colla diffusione della istruzione secondaria potrà ottenersi un grande avanzamento nella cultura generale.

Il mezzo più efficace per riuscire a questo intento, è riposto nella buona scelta di un corpo insegnante, che veracemente riunisca in sé tutto quel tesoro di cultura, e che esso deve comunicare alla gioventù. La classe degli insegnanti liceali e ginnasiali, nella sua dimessa condizione e nella sua paziente e mal compensata fatica, può grandemente contribuire a formar l’avvenire della società nostra, perché da essa dipende in gran parte il più universale carattere che assumerà l’intelletto della gente colta. Questa verità, come tante altre, fu divinata dagli uomini della francese rivoluzione, che in mezzo alle agitazioni ed ai combattimenti di una società che periva e di una nascente, conobbero la importanza della istruzione secondaria, e trovarono agio di pensare al miglioramento di essa.”

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Betti a Pistoia

A Pisa Betti risiede e svolge quasi tutta la sua attività. Rimane però in contatto con Pistoia e con l’ambiente pistoiese come testimonia la sua corrispondenza con Francesco Bartolini e sua moglie Louisa Grace, Bindi, Bozzi, Contrucci, Francesco Magni, Angelico Marini, soprattutto la famiglia di Luigi Pacinotti nella cui villa di Caloria, nei pressi di Pistoia, spesso nei primi anni viene a trascorrere una parte dei mesi estivi.

Un ulteriore legame di Betti con il circondario pistoiese è dovuto alla affettuosa amicizia con il matematico Placido Tardy e con sua moglie che sono parenti dell’imprenditore Bartolomeo Cini nella cui villa di San Marcello sulla montagna pistoiese anche Betti fu ripetutamente invitato a trascorrere qualche giorno di vacanza.

Betti è eletto deputato di Pistoia tre volte, le prime due come rappresentante del primo collegio di Pistoia campagna e la terza volta come rappresentante del secondo collegio, quello di Pistoia città. È dunque alla Camera nell’ottava Legislatura (dal febbraio/aprile1862 fino all’ottobre del 1865), nella nona (dall’ottobre 1865 al marzo 1867) e nella dodicesima (da ottobre 1874 a ottobre1876) per un totale di sei anni, e poi nominato senatore nel febbraio 1884 su proposta del ministro Guido Baccelli. In due occasioni non viene eletto: nel 1867 nel primo collegio, sconfitto da Ippolito Martelli Bolognini, e nel 1872 in sostituzione del defunto Civinini, sconfitto da Pietro Bozzi. Nel 1876 ripiega su una candidatura per il collegio di Pescia, ma è sconfitto da Ferdinando Martini.

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