
Il cinema della Normale "TOKYO-GA" di Wim Wenders
Photo: David Wall by Canva
TOKYO-GA
di Wim Wenders, 1985
Durata: 92'
Germania, USA, 1985
con Chishû Ryû, Werner Herzog, Yûharu Atsuta, Chris Marker
Film in versione originale sottotitolata.
Durante una pausa dalle riprese di Paris, Texas, Wim Wenders parte per Tokyo sulle tracce di Yasujirō Ozu e di ciò che resta della sua opera e del suo immaginario nel Giappone contemporaneo. È il 1983, il regista giapponese è morto da vent’anni, e insieme con lui è forse scomparsa un’epoca. Wenders intervista collaboratori di Ozu per ripercorrere la sua carriera e personalità, ma soprattutto riprende la caotica vita metropolitana, in cui le tradizioni locali stanno venendo soppiantate da un inarrestabile processo di occidentalizzazione.
Nel 1985, Wenders monta e commenta il materiale raccolto: quanto emerge è un omaggio a Ozu e a una città ormai scomparsa, ma anche una profonda riflessione sul cinema e sul suo senso, in un mondo sempre più inflazionato da un vortice di icone e imitazioni.
Ciò che nel cinema di Ozu colpisce Wenders è la rassegnata nostalgia per un modello di vita destinato a scomparire. In questo senso, Tokyo-Ga è un film che parla di colonizzazione: della colonizzazione socio-culturale del Giappone attraverso le immagini provenienti dall'occidente, e di una parallela colonizzazione del mondo intero. Moltiplicata in rappresentazioni sempre più numerose e insignificanti, la realtà è un territorio occupato, diviene quasi irraggiungibile dietro il filtro opaco delle sue migliaia di imitazioni.
Wenders riesce a cogliere questo processo proprio in un’immagine: nei pasti esposti nelle vetrine dei ristoranti di Tokyo, realizzati in cera da stampi di cibo reale. “Durante la pausa pranzo”, racconta il regista in voice over mostrando questo processo di produzione artigianale, “tutti gli impiegati sedevano tra le loro creazioni di cera, e mangiavano il cibo che avevano portato da casa, del tutto identico alle imitazioni che li circondavano. Ci si poteva quasi immaginare che uno di loro avrebbe morso un involtino di cera per errore.”
Tokyo, agli occhi di Wenders, si rivela come il tripudio delle immagini falsificanti, dai finti campi da golf sui tetti dei palazzi all'ipnotico gioco del pachinko. La città raccontata da Ozu sembra essere scomparsa per sempre.
Perfino Chishū Ryū, attore feticcio di Ozu, non è più riconosciuto per aver recitato in quasi tutti i suoi film, ma per essere comparso in alcune recenti serie televisive. La morte di Ozu sembra aver lasciato un vuoto incolmabile: la possibilità di raccontare con il cinema la verità di un mondo ormai derealizzato. Eppure proprio nel caos di una Tokyo che di Ozu non sembra aver conservato più alcuna traccia, sembra possibile scoprire sporadiche immagini ancora sconosciute, ancora capaci di esprimersi. Attraverso una pellicola ridotta al grado zero, senza attori né sceneggiatura, Wenders restituisce la speranza di poter raccontare la realtà che ci circonda, che essa abbia ancora un senso e qualcosa da dire: del resto, è proprio nella scomparsa delle vecchie immagini, seppellite da quelle nuove, che l’attore Ryu smette di essere icona e torna essere umano.
Introduzione e dibattito a cura di Allieve e Allievi SNS.